CCSVI - INSUFFICIENZA VENOSA CRONICA CEREBROSPINALE


(Testo liberamente tratto dall'intervista della CTV W 5 canadese del 21 novembre 2009)

Un decennio fa il dott. Paolo Zamboni, chirurgo vascolare e professore presso l'Università degli Studi di Ferrara nel nord Italia, inizia a porsi delle domande sulla sclerosi multipla, quando alla moglie Elena è stata diagnosticata la sclerosi multipla.

Il dott. Zamboni avvia un'intensa personale ricerca, riguardo alle causa della sua malattia. Nota che alcuni scienziati, già in passato, studiando il cervello di pazienti affetti da sclerosi multipla, si erano accorti della presenza di più alti livelli di ferro non riconducibili all'età degli stessi. Tali depositi di ferro seguono lo stesso modello, formando sovente nel cervello dei raggruppamenti intorno alle vene che, in condizioni normali, dovrebbero drenare il sangue dalla testa verso il cuore. Nessuno aveva mai pienamente spiegato questo fenomeno, ovvero l'eccesso di ferro era stato considerato un sottoprodotto tossico della sclerosi multipla stessa.
Il dott. Zamboni si è chiesto se il ferro contenuto nel sangue si raccogliesse in modo improprio nel cervello. Così, utilizzando Doppler ad ultrasuoni, ha iniziato l'esame del collo di pazienti con sclerosi multipla, giungendo di fatto ad una scoperta straordinaria: quasi il 100 per cento dei pazienti presenta un restringimento, torsione o blocco definitivo di quelle vene che dovrebbero servire a drenare il sangue dal cervello. Egli ha poi controllato queste stesse vene in persone sane, non trovando in esse nessuna di queste malformazioni. Né ha individuato queste tipologie di blocchi nei pazienti affetti da altre malattie neurologiche.

"Ciò che è stato altrettanto sorprendente non è tanto il fatto che il sangue non defluisca al di fuori del cervello, quanto il fatto che si crea un reflusso, una sorta di retromarcia che lo porta a refluire verso l'alto”, così afferma il dott. Zamboni, il quale ritiene pertanto che il sangue, costringendosi nella materia grigia del cervello, provoca l'innesco di una serie di reazioni, le quali dovrebbero appunto spiegare i sintomi della sclerosi multipla.
"Per me è stato davvero incredibile scoprire che i depositi di ferro nella sclerosi multipla si trovano esattamente in prossimità delle vene. Quindi si tratta di una disfunzione del drenaggio delle vene stesse". "Tutto ciò è veramente importante, perché il ferro è pericoloso perché produce radicali liberi, veri killer per le cellule. Questo è il motivo per cui abbiamo bisogno di eliminare l'accumulo di ferro."

Il dott. Zamboni ha denominato tale disordine da lui scoperto CCSVI, ovvero Insufficienza Venosa Cronica Cerebro-Spinale, punto di partenza per tutta una serie di pubblicazioni delle sue ricerche che sono state riportate su tutte le più celebri riviste scientifiche.
Subito dopo si è scoperto che alla gravità dei blocchi delle vene in questione corrispondeva la gravità dei sintomi del paziente. I pazienti con una sola vena bloccata di solito hanno forme più lievi della malattia, mentre quelli con due o più vene danneggiate presentano una malattia più grave.
Zamboni ha individuato blocchi non soltanto nelle vene del collo che si trovano direttamente sotto il cervello - le vene giugulari - ma anche in una vena centrale di drenaggio, la vena azygos, che consente il flusso di sangue dal cervello lungo la spina dorsale. I blocchi, qui collocati, sono stati associati alla forma più “grave” di sclerosi multipla, detta primariamente progressiva. Come noi sappiamo, per questa forma di sclerosi multipla, non esiste attualmente alcun trattamento efficace.

Riguardo a quali possano essere le cause che formano queste anomalie venose, Zamboni e la IUP, la più vasta organizzazione scientifica che si occupa di patologia venosa, ritengono che siano malformazioni venose congenite di tipo trunculare, ovvero fra quelle che si sviluppano fra il 3° ed il 5° mese di vita intrauterina.
Inizialmente, la maggior parte dei neurologi avvicinati da Zamboni con i suoi risultati, lo congedarono. Ma uno specialista, il dott. Fabrizio Salvi, dell'Ospedale Bellaria di Bologna, affascinato dalla scoperta, ha provveduto ad inviare a Zamboni pazienti con sclerosi multipla per dimostrare scientificamente l'esistenza della CCSVI e  verificare la correttezza di quello che si stava ipotizzando. Per Salvi il risultato delle immagini dimostra l'esistenza della “stenosi”, ovvero di tali blocchi o restringimenti, in maniera inconfutabile.

Così il dott. Zamboni è giunto ad un'idea ancora più importante. Se le vene importanti in pazienti affetti da sclerosi multipla sono bloccate, forse sarebbe possibile aprirle per ripristinare così il normale flusso di sangue.


L'intervento di angioplastica dilatativa (PTA) - Il trattamento di Liberazione


Sotto controllo angiografico standard, i radiologi interventisti fanno uso di “palloncini” per aprire il blocco delle vene; Zamboni chiese il prezioso aiuto del chirurgo vascolare dott. Roberto Galeotti, anch'egli dell'Università di Ferrara (Ospedale S. Anna). Fu così che nel 2007, il team iniziava uno studio in cui sono stati trattati 65 pazienti con sclerosi multipla, per vedere se la chirurgia endovascolare sarebbe stata in grado di ripristinare il flusso e ridurre i sintomi della sclerosi multipla.

Lo studio dettagliato con i risultati è stato pubblicato nel Journal of Vascular Surgery il 24 novembre 2009, ma i risultati preliminari, pubblicati nelle più importanti riviste scientifiche, già evidenziavano come nei pazienti si è avuta una diminuzione del numero di nuove ricadute, una forte riduzione del numero di nuove lesioni cerebrali da sclerosi multipla, e un miglioramento della qualità della vita. Si è visto inoltre che i sintomi della sclerosi multipla ritornano nei pazienti in cui si è ripresentato il restringimento. (Alcune testimonianze)
Poiché l'intervento chirurgico libera il flusso di sangue, l’equipe ha deciso di denominare la procedura "trattamento di liberazione".
L'opinione di Zamboni è pertanto quella per cui, quanto prima ai pazienti viene diagnosticata e trattata la CCSVI, tanto maggiori saranno le funzionalità che si manterranno, e tanto minore sarà il danno causato dal flusso anomalo di sangue.
"Perché - sostiene Zamboni - la sclerosi multipla è una malattia progressiva che colpisce sopratutto i giovani, e se perdiamo tempo, questi peggioreranno senza possibilità di tornare indietro. Questo è molto pesante per me".

Zamboni ha anche studiato la CCSVI con un team di scienziati della prestigiosa Università di Buffalo dello stato di New York, il cui ateneo vanta ben 3 premi Nobel, il tutto in collaborazione con il Dr. Robert Zivadinov. Tale studio ha preso in esame 16 pazienti con sclerosi multipla, di cui otto provenienti dagli Stati Uniti e otto dall’Italia. A tutti i malati sono stati trovati i tipici blocchi delle vene della CCSVI, così come descritto da Zamboni, e alla fine tutti hanno subito il trattamento di Liberazione.

Il dott. Zamboni sottolinea che il trattamento non rende le persone in sedia a rotelle in grado di camminare di nuovo, piuttosto è in grado di bloccare lo sviluppo di ulteriori attacchi di sclerosi multipla, migliora la circolazione e riduce la stanchezza debilitante, che è una caratteristica tipica della sclerosi multipla.